La classificazione delle piastrelle in ceramica

La classificazione delle piastrelle in ceramica

Oltre che per tipologia, di cui parleremo nel corso di questo articolo, le piastrelle in ceramica sono classificate in modo specifico da una normativa internazionale dedicata, chiamata UNI EN 14411 e che distingue i diversi gruppi di prodotto in funzione di due parametri: il primo è il metodo di formatura, il secondo il grado di assorbimento dell’acqua.

Per comprendere in che modo queste due discriminanti possano influire sulla categoria delle piastrelle in ceramica, è opportuno prima di tutto ricordare che si definiscono in questo modo gli elementi edilizi tipicamente utilizzati per la realizzazione di pavimenti e rivestimenti.

Le piastrelle in ceramica sono il risultato della miscelazione in diverse proporzioni di materiali quali l’argilla, i quarzi, i caolini, i feldspati, gli additivi chimici e l’acqua. Il mix così composto viene cotto a temperature molto alte, variabili tra i 900°C e i 1250°C, per dare vita al prodotto finito.

La norma internazionale EN 14411 è stata pubblicata nel 2016 dalla Commissione Tecnica “Prodotti, processi e sistemi per l’organismo edilizio” e si focalizza su definizioni, classificazione, caratteristiche, valutazione e verifica della costanza della prestazione e marcatura delle piastrelle di ceramica.

Più specificamente, indica in dettaglio le caratteristiche di questi elementi (mosaici inclusi) realizzati attraverso tecniche di estrusione e pressatura a secco e con destinazione di utilizzo sia all’interno che all’esterno, sulle pavimentazioni o come rivestimento, realizzando la seguente classificazione generale: bicottura maiolica – cottoforte; bicottura terraglia – pasta bianca; monocottura bianca e gres porcellanato.

Il metodo di formatura delle ceramiche

Marrakesh BlueAl “cuore” delle piastrelle in ceramica c’è l’argilla, per sua natura un materiale plastico che, quando imbevuto d’acqua, può essere modellato per mantenere la propria forma anche a seguito del processo di essicazione.

Al contrario, la forma finale che l’impasto assume potrà essere il risultato di un processo di pressatura oppure di estrusione. Nel primo caso, si procede al compattamento delle materie prime polverose con presse ad alta pressione per dare vita a piastrelle monocottura, bicottura o gres porcellanato; nel secondo, l’impasto ammorbidito viene spinto lungo specifici orifizi per ottenere piastrelle in klinker e cotto.
Questi due processi sono quindi i metodi di formatura che contribuiscono alla classificazione delle piastrelle in ceramica secondo la norma EN 14411.

Il grado di assorbimento dell’acqua

Per quanto riguarda invece il parametro relativo al grado di assorbimento dell’acqua, esso identifica la quantità d’acqua che la piastrella è in grado di assorbire in particolari condizioni.

L’assorbimento dell’acqua si verifica attraverso i pori eventualmente presenti sulla superficie esterna del materiale: in tal caso parlerà di piastrelle a porosità “aperta”.

Al contrario, le piastrelle a porosità “chiusa” presenteranno pori non intercomunicanti e di conseguenza non accessibili dalla superficie esterna della piastrella.

Attraverso il grado di assorbimento dell’acqua è possibile ottenere informazioni importanti in merito alla struttura del materiale, che potrà essere poroso a fronte di risultati di assorbimento elevati, oppure compatto (o greificato) a fronte di valori ridotti.

Le principali tipologie di piastrelle in ceramica

Cementina PortofinoLa classificazione delle piastrelle in ceramica può inoltre avvenire distinguendole per tipologia, ed evidenziando le differenze tra quelle più diffuse e richieste sul mercato.

Vediamole insieme.

  • Ceramiche monocottura: sono ceramiche smaltate e formate per pressatura, che vengono sottoposte a un singolo processo di cottura che interessa contemporaneamente supporto e smalto. Sono di norma impiegate per le applicazioni indoor, mentre si rivelano idonee per l’outdoor soltanto se sono in grado di assicurare un assorbimento dell’acqua limitato.
  • Ceramiche bicottura: come il nome suggerisce, sono prodotte con un processo di cottura doppio, che nella prima fase interessa il supporto e nella seconda lo smalto. Si caratterizzano per una superficie pregiata e brillante, ma possono rivelarsi piuttosto delicate e per questa ragione vengono impiegate soprattutto per i rivestimenti.
  • Ceramiche in pasta bianca o pasta rossa: entrambe le paste sono utilizzate per il supporto, specialmente per quanto riguarda le piastrelle in bicottura. I modelli in pasta bianca sono generalmente considerati i più pregiati tra le due tipologie.
  • Ceramiche gres rosso: si tratta di piastrelle non smaltate realizzate attraverso un processo di pressatura e caratterizzate da un supporto di colore rosso. Sono ormai molto poco utilizzate, ma erano un tempo impiegate in ambito residenziale per la realizzazione delle pavimentazioni di balconi, terrazze e garage.
  • Gres porcellanato: è una tipologia di ceramica sempre più apprezzata per le sue straordinarie doti tecniche. Il supporto di queste piastrelle può essere chiaro o colorato e viene ottenuto tramite pressatura (o sinterizzazione). La porosità pressoché pari a zero del gres porcellanato fa sì che le piastrelle così prodotte possano essere utilizzate virtualmente per qualunque applicazione, inclusi gli elementi d’arredo per ambienti come il bagno. Inoltre, il gres porcellanato può essere rifinito nei modi più diversi: smaltato oppure naturale, con supporto non colorato oppure colorato in massa, levigato, rettificato, lappato.
  • Maiolica: è un prodotto tipicamente italiano che viene installato soprattutto come rivestimento delle pareti interne. Si caratterizza per un buon grado di resistenza meccanica, ma la percentuale di porosità (variabile tra il 10% e il 25%) lo rende inadatto per l’applicazione a pavimento.
  • Cotto: le piastrelle di questa tipologia si caratterizzano per un supporto rosso e poroso, non smaltato. Sono ottenute per estrusione.
  • Terzo e quarto fuoco: si tratta di ceramiche che vantano particolari decorazioni in superficie, risultato di lavorazioni a strati successivi con cotture e temperature progressivamente inferiori.

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